A Rovereto sulla Secchia, borgo tra Carpi e Novi di Modena, già dal 1907 si tenta di organizzare i mezzadri e i boari della zona ma nel giro di pochi anni si assiste a una radicalizzazione dei rapporti tra agrari e lavoratori: infatti, nel 1910 da un lato si costituisce l’Associazione degli agrari di Novi, poi a Carpi, che si dota anche di un bollettino, in collegamento diretto con l’Agraria di Parma, protagonista della lotta contro i lavoratori durante lo sciopero del 1908; dall’altro lato, nello stesso anno si consolidano le organizzazioni operaie – quindici leghe con un migliaio di iscritti – nasce la Casa del popolo che affianca la cooperativa di consumo e si costituisce la Lega dei mezzadri.
Nel febbraio 1912 sono presentate le proposte di nuovi patti di mezzadria e boaria, ma gli agrari rifiutano gli incontri. Gli obiettivi della lotta sono importanti e impegnativi: divisione dei fondi in tre categorie e articolazione del riparto prodotti, divieto della ‘zerla’ (cioè lo scambio di lavori tra famiglie mezzadrili), assunzione degli avventizi a carico del proprietario, assunzione solo dei lavoratori organizzati, passaggio dal contratto annuale a uno triennale.
Il 1° marzo è proclamato lo sciopero, ma mentre alcuni proprietari cedono accettando le nuove proposte, alcuni grandi agrari spalleggiati dall’Agraria decidono di resistere, costituendo l’Associazione fra proprietari e conduttori di fondi della villa di Rovereto. Le organizzazioni sindacali colgono immediatamente la volontà degli agrari di fare di Rovereto una ‘lotta esemplare’ e un appello firmato dalle tre Camere del lavoro provinciali mette in conto uno sciopero generale. Anche la Federterra nazionale appoggia la lotta, ed è avviata una sottoscrizione pubblica pro-scioperanti che raccoglie 8.500 lire.
Alla fine di marzo, dal momento che molti agrari hanno accettato i nuovi patti lo sciopero viene sospeso e si decide di passare al boicottaggio delle aziende che non hanno firmato. Gli agrari rispondono escomiando i mezzadri e chiedendo l’intervento delle autorità. Tra tentativi di mediazione e repressione con arresti dei principali esponenti per ‘attentato alla libertà del lavoro’ l’agitazione continua e il 23 maggio è proclamato un nuovo sciopero generale dopo l’arrivo dal veneto di quaranta crumiri, con diecimila lavoratori che protestano a Carpi.
Intanto la lotta si radicalizza con danneggiamento di macchine per la trebbiatura, taglio delle viti, incendi dei fienili, minacce a agrari e crumiri. Rovereto è presidiata da quaranta carabinieri e da un reparto di 30 lancieri, ci sono continui cortei e comizi con i principali dirigenti locali e nazionali del sindacato, mentre nella Casa del popolo è organizzata una ‘cucina socialista’ per dare pasti agli scioperanti.
Ormai però comincia a serpeggiare stanchezza e il 23 agosto, dopo sei mesi di lotta, il Comitato d’agitazione decide di sospendere l’agitazione, che si conclude con una parziale sconfitta dei lavoratori e soprattutto del sindacato locale (la lega dei mezzadri si sfalda), che non riesce ad ottenere il patto unico (ogni azienda fa accordi individuali) e l’abolizione della ‘zerla’, mentre viene eliminata la terzeria e concordata la divisione a metà dei prodotti.
In ogni caso, anche nei mesi successivi continueranno le agitazioni, perché rimane alta la disoccupazione anche per la crisi del truciolo, non sono attuati lavori pubblici e interventi di bonifica e permane una situazione di miseria diffusa. Lo sciopero del 1912 ha alcune caratteristiche importanti: è una esperienza di lotta unitaria, produce un moto di solidarietà che esce dalla dimensione provinciale, fa emergere alcune figure di agitatori che avranno un ruolo negli anni successivi e consolida ulteriormente l’identità di Rovereto come paese ‘sovversivo’.
Collegamenti
DOCUMENTI
FONTI
BIBLIOGRAFIA
Amedeo Osti Guerrazzi, Lotte rivendicative e tensioni rivoluzionarie (1900-1914), in Lorenzo Bertucelli et al., Un secolo di sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001