Nel dopoguerra l’occupazione non riparte immediatamente. Il bisogno di lavoro per riuscire a sopravvivere è impellente e spinge i braccianti disoccupati della zona a battersi, con scioperi a rovescio e invasioni del bosco. Il sindacato organizza i gruppi di giovani disoccupati per disboscare e rendere coltivabili i terreni.
È costituita una cooperativa di lavoro che inizia una trattativa con la proprietà per l’acquisto, ma questa linea trova la forte opposizione di una parte del PCI, sia locale che nazionale.
Nel 1948 il bosco è comprato da una cooperativa bianca, sostenuta dalla DC e dalla LCGIL, che sfrutta le provvidenze governative a favore della piccola proprietà contadina. Questa conclusione della vicenda provoca tensioni e scontri tra braccianti della Camera del lavoro e i lavoratori della cooperativa cattolica, e si ripetono manifestazioni e occupazioni del bosco. Significativo lo slogan della LCGIL “Non più proletari, ma tutti proprietari.”
Nel 1951 il disboscamento è completato, e la terra viene poi divisa in 80 poderi, assegnati ad altrettante famiglie, quasi tutte di «provata fede democristiana».
Collegamenti
DOCUMENTI
FONTI
BIBLIOGRAFIA
Amedeo Osti Guerrazzi, Claudio Silingardi, Storia del sindacato a Modena 1880-1980, Roma, Ediesse, 2002
Lorenzo Bertucelli, “Costruire la democrazia”. La Camera del lavoro di Modena (1945-1962) in Lorenzo Bertucelli, Claudia Finetti, Marco Minardi, Amedeo Osti Guerrazzi, Un secolo di Sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001