Sono nato a Finale Emilia il 29 Gennaio 1920, ho quindi novantuno anni.
La mia era una famiglia contadina numerosa, è stata composta anche da dodici persone di cui sei, anzi sette figli: uno è morto di “spagnola” durante la guerra.
Della mia infanzia e fanciullezza ricordo in modo particolare, la fatica di sbarcare il
lunario, mio padre era bracciante e spesso, quando il maltempo rovinava il raccolto e le malattie uccidevano il bestiame, ci caricavamo di debiti ed eravamo costretti a cambiare di casa e di podere, ricordo di aver abitato tra l’altro in una casa verso la Ca Bianca e nella valle a Santa Tarquinia.
Ma cambiavamo casa anche quando le cose andavano bene perché, se la “stima” cioè il valore dei raccolti e del bestiame ci era favorevole, cambiavamo padrone e coi soldi guadagnati saldavamo parte dei debiti che pagavamo anche con il ricavato della raccolta della canapa. Benedetta canapa che ci permetteva di comprare qualche capo di vestiario e di mettere da parte qualcosa per i tempi duri che inevitabilmente capitavano.
Ricordo anche la fame, un anno in particolare, mi pare fosse il ’29, quando fece così freddo, non avevamo soldi a sufficienza per il frumento, quindi abbiamo comprato e mangiato diciassette quintali di granoturco e di polenta, poi polenta e ancora polenta e spesso fredda perché il fuoco stava acceso poche ore e per scaldarci andavamo nella stalla. Voi non potete immaginare cosa fosse mangiare sempre polenta fredda…solo chi l’ha provato può capire.
Come conseguenza dei nostri continui traslochi, ho cambiato parecchie scuole e
insegnanti, ognuno aveva un modo diverso di spiegare le cose. Questo unito al fatto che dovevo fare cinque o sei chilometri a piedi per andare e tornare, spiega che a scuola mi sono sempre trovato male anche perché avevo l’impressione che non mi insegnassero le cose giuste per affrontare la vita reale…