La filiale carpigiana della società milanese Magneti Marelli inizia la sua attività nel 1940, andando ad occupare l’edificio che ospitava la fabbrica Il Truciolo, ormai in disuso dagli anni Trenta.
Nel contesto proto-industriale di Carpi, che allora era contraddistinto perlopiù da piccole aziende di truciolo in crisi, la Magneti Marelli è una completa novità.
Durante gli anni della guerra permette a centinaia di operai di evitare il richiamo alle armi o l’invio al lavoro in Germania. A quel tempo infatti la produzione era specificatamente bellica, in particolare nello stabilimento “E” si costruivano magneti gemelli per gli aerei tedeschi “Stukas” e per la Bosch, mentre nello stabilimento “C2” candele per motori a scoppio.
Il 28 luglio del 1941 in occasione della sua visita istituzionale a Carpi, il Duce vi si reca come prima tappa, e si congratula con gli operai ravvisando l’alto livello tecnico e di rendimento raggiunti.
I primi contatti cospirativi si hanno già dal secondo semestre del 1941, da parte delle maestranze unite dal sentimento antifascista. Attraverso un paziente lavoro di avvicinamento e formazione politica si riescono ad organizzare cellule embrionali del Partito Comunista tra gli operai, grazie a questo assetto si rende possibile il sempre maggiore incremento dell’attività sabotatrice che raggiungerà il suo apice nei Quarantacinque giorni badogliani, tra il 25 luglio del 1943, data che segna la caduta del fascismo, e l’8 settembre dello stesso anno, quando viene annunciato l’armistizio con gli angloamericani. L’anno successivo proseguono le azioni ed i risultati appaiono evidenti se confrontati i numeri del Programma Bosch imposto dalle autorità tedesche con quelli della produzione effettiva realizzata.
Dopo i bombardamenti aerei del 1944 che avevano provocato danni ai reparti Dinamo, Attrezzeria, Tranceria, Viteria e Lavorazione dinamo, gli operai conducono vere astensioni dall’attività lavorativa con il pretesto del pericolo aereo.
Al fine di salvaguardare le macchine e l’attrezzatura, la Direzione è costretta a decentrare la produzione alla periferia di Carpi: nelle frazioni di San Marino, Migliarina, Budrione, Gargallo e Santa Croce.
Nel frattempo, ci si rende ormai conto che lo stabilimento carpigiano non è più conveniente come all’inizio, e si predispone il piano di liquidazione. A seguito di questo provvedimento inizia la prima ondata di licenziamenti collettivi, in gran parte da attribuirsi allo smantellamento dello stabilimento “C2”. Dei quasi 1200 lavoratori occupati nei due stabilimenti, ne rimangono in forza all’impresa meno di un terzo, a scapito innanzitutto della manodopera femminile che viene drasticamente tagliata.
La riduzione del personale nei fatti rende disponibile sul territorio un patrimonio importante di professionalità ad alta specializzazione, che a partire dagli anni Cinquanta permetterà lo sviluppo del settore industriale e la nascita di un gran numero di nuove attività.
A guerra conclusa il rimanente personale, pur di mantenere la fabbrica a Carpi riconvertendo la produzione, si ingegna in prima persona per trovare nuove commesse: dinamo per autocarri, automotrici ferroviarie con relativi regolatori di tensione. La Marelli di Carpi sembrava sulla strada di una lenta ripresa della produzione, così il sindacato e la commissione interna attraverso una ferma ed efficace opposizione riescono ad evitarne la chiusura.
Gli anni Ottanta e Novanta sono segnati dal profilarsi di un percorso di crisi legato primariamente al calo delle vendite del Gruppo Fiat che l’aveva acquisita. Gli operai, posti con sempre più frequenza in cassa integrazione, chiedono con forza il rilancio dello stabilimento, ma non ne consegue nessun cambiamento significativo. Lo stabilimento di Carpi non viene nè riorganizzato nè rilanciato: nel marzo 1994 si arriva alla vendita definitiva, passando alla divisione accessori auto della Champion di proprietà della multinazionale statunitense Cooper Industries.
La Marelli di Carpi è tutt’ora ricordata per le costanti ed instancabili lotte che l’hanno animata dal principio alla fine, e per il ruolo cardine avuto nello sviluppo industriale del territorio.
Collegamenti
DOCUMENTI
FONTI
Eco di fabbrica. Giornale delle maestranze della Magneti Marelli di Carpi, 1951-1957
BIBLIOGRAFIA
Sara Lodi, Carpi e la Magneti Marelli. Una nuova realtà industriale, Firenze, L’Autore Libri Firenze, 2003
M. Pacor, L. Casali, Lotte sociali e guerriglia in pianura. La Resistenza a Carpi, Soliera, Novi, Campogalliano, Roma, Editori Riuniti, 1972