Le prime forme di associazionismo operaio e popolare hanno come finalità principale quella del mutuo soccorso, attraverso la messa in pratica di forme di aiuto reciproco e di tutela delle condizioni di vita degli operai. In questo senso vanno le Società operaie di mutuo soccorso (SOMS) e, in una fase successiva dell’evoluzione delle strutture sindacali, le casse di resistenza, volte appunto a sostenere i singoli lavoratori in sciopero oppure in condizioni di impossibilità a lavorare per via di infortuni o di malattie.
Un primo passo in avanti nelle pratiche di mutualismo operaio è compiuto dalle amministrazioni comunali, quindi realtà politiche periferiche, grazie alle prime vittorie elettorali di esponenti politici vicini al movimento operaio. Le due culture politiche dell’Italia liberale che si impegnano maggiormente su questo fronte sono quella socialista e quella cattolica, attraverso l’istituzionalizzazione di pratiche e di interventi volti a rispondere alle esigenze più elementari ed insieme più urgenti delle masse e dei settori popolari, spesso coadiuvati da un intenso attivismo della società civile. Questi obiettivi costituiscono una tappa importante nell’evoluzione dell’assistenza, che passa progressivamente dal paternalismo ottocentesco alla moderna concezione del welfare, e che sedimenta nella società l’idea che sia dovere della collettività e dei pubblici poteri quello di assicurare ai lavoratori uno standard minimo di dignità e di diritti.
Dal 28 gennaio al 1 febbraio 1945 si tiene a Napoli il primo congresso della CGIL delle zone liberate. Durante il congresso si decide, sulla base di una relazione di Oreste Lizzadri, eletto in quella sede segretario della CGIL, espressione della componente socialista, di istituire l’INCA (Istituto Nazionale Confederale di Assistenza). L’iniziale dibattito vede in campo sia l’ipotesi di un’assistenza a pagamento vincolata dall’iscrizione alla CGIL, sia quella di una assistenza gratuita rivolta a tutti i lavoratori. Alla fine si propende per la seconda ipotesi.
In questa prima fase l’INCA, guidata dal suo primo presidente Aladino Bibolotti, si propone due principali obiettivi: l’assistenza materiale ai lavoratori, e quello di ricoprire un ruolo di impulso e di stimolo rispetto alla formulazione delle leggi in materia economica e sociale.
L’azione dell’INCA si innesta in un quadro normativo completamente da ridefinire. Già nel 1917 era stata istituita con un decreto luogotenenziale l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, affidando a degli istituti locali di patronato l’assistenza in caso di contenzioso. Successivamente la CGdL riunisce quei patronati locali in una federazione nazionale. Negli ultimi anni del regime fascista, la struttura nazionale del patronato confluisce all’interno dei sindacati fascisti. Il nuovo quadro normativo dell’Italia repubblicana arriva nel 1947, due anni dopo la costituzione dell’INCA, quando viene riconosciuto come Ente di Patronato con compiti di assistenza e di difesa dei diritti previdenziali, sociali, assistenziali, sanitari e pensionistici, con particolare attenzione ai luoghi di lavoro.
Uno dei dirigenti che più si spende per l’istituzione dell’INCA è Giuseppe Di Vittorio, attribuendo alla funzione di assistenza del Patronato una valenza fondamentale ai fini dell’emancipazione del lavoratore.
L’atto di nascita reca le firme di Achille Grandi, Aladino Bibolotti, Oreste Lizzadri e Raffaele Pastore, ed è datato 11 febbraio 1945.
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BIBLIOGRAFIA
Fabrizio Loreto, Storia della CGIL. Dalle origini a oggi, Roma, Ediesse, 2017