Sono nata a Massa Finalese 27/07/1941. Mi ricordo della mia infanzia soprattutto la miseria, però non ci è mai mancato il necessario. Mi ricordo di mi madre che era una donna forte, coraggiosa, una grande lavoratrice, però capivo i sacrifici che faceva per non farci mancare le cose di prima necessità. Io sono figlia di N.N.: mio padre che era separato dalla prima moglie ha sempre vissuto con me e mia madre e mia sorella, quindi eravamo una famiglia di fatto come adesso ce ne sono tante. A quei tempi essere figlia di genitore sconosciuto, faceva sentire a disagio a scuola e in altre occasioni dove bisognava avere una paternità certa. Mia sorella è figlia della prima moglie di mio padre, ha due anni più di me e siamo sempre cresciute insieme senza mai saperlo. Siamo sempre stati una famiglia molto unita, tanto che io e mia sorella ci vogliamo molto bene e abitando nella stessa via in due villette vicine, tutti i giorni ci troviamo a prendere il caffè, una settimana a casa mia, una settimana a casa sua. I miei genitori facevano gli operai; erano terziari coltivavano barbabietole e frumento, con le barbabietole pagavano le spese e con il frumento avevano la farina per fare il pane d’inverno. Due volte all’anno andavano a fare la campagna del riso nel torinese e noi eravamo affidate ai nonni che abitavano nella stessa casa. Avevo cinque anni e mi ricordo che anche noi due figlie siamo andate su con loro, perché i nonni erano ammalati. Ricordo una cascina tanto grande che c’erano trecento donne.. Con i soldi che prendevano, si pagavano i debiti e si comprava la legna per l’inverno… e rimanevano senza dopo venti giorni, dopo riprendevano ancora a fare i debiti e tornavano in risaia. Mi ricordo che la casa dove abitavamo era grande e abitata da
altre sei famiglie. Noi abitavamo in due camere; un cucinotto e una camera da letto.
Mio papà aveva tirato una tenda nella camera da letto che era grandissima; da una parte dormivamo io, mia sorella, i nonni e la zia, dall’altra parte il papà e la mamma, lo spazio minimo per un letto. Io sono rimasta senza mia madre che avevo quindici anni e mio padre è morto che ne avevo sedici. Sono entrata alla Samis che avevo quindici anni e mezzo, alla Bellentani. Ho fatto un anno di risaia che avevo quattordici anni e poi son venuta a casa perché prendevano delle ragazze. Però quando mi sono presentata alla Bellentani mi hanno detto: “Le abbiamo prese tutte otto ci dispiace, ma sei arrivata in ritardo, non c’è più posto”. Per mia fortuna c’era una impiegata che d’estate tenevo la sua bambina, allora è andata a parlare con i proprietari e gli ha detto: “Avete fatto male a non prenderla perché è una brava ragazza”. Allora m’hanno richiamata indietro e poi mi hanno preso…