Tra gli anni ‘60-’70 le ripercussioni che la lavorazione dell’argilla aveva sulla salute dei lavoratori entrano per la prima volta nel dibattito pubblico. Il comprensorio ceramico di Sassuolo è il territorio con la più alta concentrazione di aziende produttrici di piastrelle di ceramica a livello mondiale, e gli operai ceramisti esposti ad un ambiente di lavoro malsano sviluppano nel tempo severe patologie professionali.
In questo contesto, le donne sono maggiormente a rischio. Il tasso di aborti bianchi e di parti prematuri registra qui i livelli più alti di tutta la regione. Inoltre, la maggioranza delle donne dopo il matrimonio e la nascita dei figli è costretta ad abbandonare la fabbrica. Da un lato, è la mancanza di servizi sociali adeguati ad imporre loro questa decisione, poiché su di esse grava interamente il lavoro di cura della famiglia e della casa. Dall’altro, i datori di lavoro si mostrano sempre più inclini a licenziare le donne che contraevano matrimonio.
Le necessità economiche e la crescente consapevolezza dei propri diritti pongono le basi della lotta per la tutela della maternità, che non doveva più essere motivo di espulsione della donna dal mercato del lavoro. Proposta da Teresa Noce, il 26 agosto del 1950 era stata approvata la legge n° 860, inerente la tutela delle lavoratrici madri. Prevedeva, tra le novità più importanti, il divieto di licenziamento durante il periodo di gestazione e l’allestimento di camere di allattamento e di asili aziendali ed interaziendali in tutte le imprese in cui fossero occupate più di trenta donne in età feconda e coniugate. Tuttavia questo provvedimento non risulta soddisfacente perché, oltre ad escludere di fatto le madri nubili e ad essere solo parzialmente risolutivo, si fatica a raggiungere la sua completa applicazione e ha come effetto collaterale l’impennata dei licenziamenti preventivi. Solo il 9 gennaio del 1963 viene approvata la legge che introduce il divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio, ma anche questa non porterà i risultati sperati.
A cavallo dei decenni ‘60-’70 la riflessione delle donne, stimolata dal fermento dei movimenti femminili, segna una profonda fase di trasformazione sociale che avrà il momento di maggiore splendore negli anni settanta.
L’8 marzo 1970 è un’occasione per denunciare la situazione delle lavoratrici. L’UDI e le Cdl di Sassuolo, Formigine Fiorano e Maranello esortano lavoratrici e lavoratori ad aprire una vertenza per chiedere ai rispettivi comuni l’istituzione di Usl e di un numero sufficiente di nidi a soddisfare il bisogno; sollecitare i datori di lavoro per l’inserimento, nel nuovo contratto nazionale dei ceramisti, di norme a tutela della salute del lavoratore e per la mutualizzazione dei contributi per gli asili nido; il governo, per il rispetto del piano sugli asili nido richiesto dai sindacati e dalle associazioni femminili attraverso proposte di legge.
A settembre dell’anno successivo viene promulgata la legge n° 1204 a tutela delle lavoratrici madri, che consente loro di allontanarsi sin dall’inizio della gravidanza, e per i sette mesi successivi al parto, da determinate condizioni di lavoro riconosciute come particolarmente nocive, e che dagli studi condotti risultano tutte contemporaneamente presenti nell’industria ceramica. Tuttavia la mancanza d’informazione, e quindi la mancanza di una reale attività di prevenzione anche dopo questo traguardo legislativo, rappresenta uno scoglio importante che vedrà anche in questo caso l’impegno attivo del sindacato insieme alle associazioni femminili.
Collegamenti
DOCUMENTI
FONTI
BIBLIOGRAFIA
Francesco Genitoni, Paola Gemelli, Il lavoro: tra fabbrica e vita, Fiorano Modenese, Comune di Fiorano Modenese, 2007
Ludovica Cottica, Le braccia e il cuore, Bologna, Graficolor, 1995
Adriana Barbolini (a cura di), Cuocere la terra, piastrellare il mondo. Narrazioni del mondo ceramico, Modena, Litotipografia Poppi, 2014