L’eccidio delle Fonderie riunite – sei operai uccisi dalle forze dell’ordine – non è un avvenimento isolato: tra il 1948 e il 1954, nel corso di manifestazioni sindacali o di piazza, rimangono uccisi in Italia 75 lavoratori, feriti oltre 5.000 ed arrestati oltre 148.000 (di questi, oltre 60.000 sono condannati). Quello di Modena è però l’episodio più drammatico di un periodo caratterizzato da un’acuta conflittualità sociale. E già un anno prima, il 9 gennaio 1949, nella zona tra piazza Mazzini e via Emilia, in centro, le forze dell’ordine avevano aperto il fuoco contro gli operai in sciopero, ferendone sei in modo grave.
La mattina del 9 gennaio 1950, la zona intorno alle Fonderie riunite è occupata da reparti di polizia e di carabinieri, intervenuti in forza e con autoblindo. Poco dopo le 10 del mattino, dopo aver allontanato gli operai dai cancelli della fabbrica, dal tetto delle Fonderie si spara sugli operai schierati al passaggio a livello, uccidendo Arturo Chiappelli, 43 anni. Quasi contemporaneamente davanti alla fabbrica è ucciso Angelo Appiani, di 30 anni. Roberto Rovatti, 36 anni, viene circondato, colpito coi calci dei fucili, gettato in un fosso e finito con un colpo sparato a distanza ravvicinata. Ennio Garagnani e Renzo Bersani, entrambi di 21 anni, sono uccisi in via Ciro Menotti mentre cercano di fuggire dalla zona dell’eccidio. Anche Arturo Malagoli, sempre di 21 anni, muore allo stesso modo. Altri 200 lavoratori rimangono feriti, ma molti non si presentano negli ospedali per paura di essere fermati.
Il processo – intentato peraltro contro alcuni operai che avevano partecipato alla manifestazione – dimostrerà in modo inequivocabile «l’uso frettoloso delle armi da fuoco» da parte della polizia, la mancanza di giustificazioni per un intervento armato, e pesanti responsabilità del prefetto e di altri funzionari di polizia. Lo stesso ministro degli interni, il democristiano Mario Scelba, è costretto a ripensare le sue strategie di repressione violenta delle manifestazioni, mentre la magistratura orfina un risarcimento alle famiglie dei caduti, fatto mai successo in precedenza in Italia.
La vertenza delle Fonderie riunite (dal 1951 Fonderie di Modena), si trascina per lunghi anni ancora, in uno stillicidio di accordi non rispettati, di riduzione del personale e di limitazione dei diritti contrattuali e delle attività sindacali in fabbrica, tali da suscitare nel 1954 un’inchiesta promossa dai gruppi consiliari della Dc, del Pci, del Psi, del Psdi, dai sindacati e dai patronati. Nel 1966 la fabbrica è occupata 54 giorni, per impedirne la chiusura, poi nel 1972 diventa una cooperativa.
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FONTI
Istituto storico di Modena, Archivio Cgil Modena, Atti del processo
BIBLIOGRAFIA
Eliseo Ferrari, A sangue freddo. Modena 9 gennaio 1950. Cronaca di un eccidio, Roma, Edizioni LiberEtà, 2005
Lorenzo Bertucelli, All’alba della Repubblica. Modena, 9 gennaio 1950. L’eccidio delle Fonderie Riunite, Milano, Edizioni Unicopli, 2012
Francesco Tinelli, Era il vento non era la folla. Eccidio di Modena, 9 gennaio 1950, Bologna, Bébert edizioni, 2015