Finita la guerra, il mondo delle campagne è in subbuglio. I braccianti e mezzadri che hanno contribuito alla lotta di liberazione e che aderiscono in massa alla Camera confederale del lavoro, ora si aspettano un cambiamento radicale nei rapporti con i proprietari terrieri.
Gli episodi di ribellismo, specialmente nella bassa modenese, si fanno sempre più frequenti: a Mirandola, a San Felice sul Panaro e nel Carpigiano si verificano irruzioni di lavoratori negli uffici comunali e nei negozi di alimentari.
La Federmezzadri è impegnata nella lotta per il rinnovo dei patti colonici. Le richieste sono la modifica del riparto, ovvero portare al 60 per cento la quota del prodotto per i lavoratori, la direzione paritetica dell’azienda, l’eliminazione delle regalie e la ‘giusta causa’ per l’escomio.
Per la Camera confederale del lavoro affrontare in maniera limpida la situazione è particolarmente difficile, a causa delle complesse stratificazioni sociali presenti nelle campagne. Inizialmente, infatti, vi è una certa ostilità verso i mezzadri e i piccoli proprietari; vengono fatti prevalere gli interessi dei braccianti, considerati i veri proletari della terra. In provincia, chi si batte con particolare accanimento per cambiare questi indirizzi è Olinto Cremaschi, segretario della Federmezzadri.
La lotta comincia con i mezzadri che decidono di trattenere il 10 per cento in più dei prodotti, modificando con decisione unilaterale il riparto; sono creati dei Consigli unitari aziendali; le regalie invece di essere consegnate ai padroni sono donate agli ospedali e agli ospizi. Nel novembre del 1945 viene inoltre promossa una imponente manifestazione a cui partecipano oltre 50.000 contadini. In un clima politico oramai esasperato, il 21 marzo del 1946 una manifestazione di agricoltori degenera in un assalto alla sede della Confida nel capoluogo, mentre l’attività dei consigli aziendali si fa sempre più intensa, arrivando ad esautorare di fatto la proprietà di alcuni grandi proprietari.
L’asprezza dello scontro è tale che dopo l’intervento del presidente del consiglio Ferruccio Parri con la richiesta di mediazione al prefetto di Modena, anche la CGIL nazionale invoca l’intervento statale. Il nuovo presidente del consiglio De Gasperi risponde con il cosiddetto ‘lodo De Gasperi’ che però, a causa delle resistenze degli agrari, non viene discusso fino all’aprile del 1947. Nel giugno dello stesso anno, finalmente, il lodo viene convertito in legge, con il risultato che il riparto viene modificato con il 3 per cento in più della quota ai lavoratori, ed un altro 4 per cento viene obbligatoriamente destinato a migliorie sul fondo.
L’accordo porta una breve tregua tra mezzadri e agrari, ma la pacificazione delle campagne dura ben poco, perché nel frattempo cominciano ad agitarsi i braccianti. La mobilitazione di questa categoria culmina nello sciopero nazionale del settembre 1947.
Solo da settembre a dicembre 1947 per queste lotte sono incriminati 94 lavoratori, fermati 2.800, 10 rimangono feriti e 337 percossi dalle forze dell’ordine. Tante sono anche le cause civili, che si trascinano per anni, e molti gli escomi delle famiglie mezzadrili più impegnate nella lotta.
Collegamenti
DOCUMENTI
FONTI
BIBLIOGRAFIA
Amedeo Osti Guerrazzi, Claudio Silingardi, Storia del sindacato a Modena 1880-1980, Roma, Ediesse, 2002
Lorenzo Bertucelli, “Costruire la democrazia”. La Camera del lavoro di Modena (1945-1962) in Lorenzo Bertucelli, Claudia Finetti, Marco Minardi, Amedeo Osti Guerrazzi, Un secolo di Sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001