L’Officina costruzioni industriali (Oci) Fiat nasce nel 1928, quando la Fiat decide di dislocare a Modena la produzione di trattrici agricole.
La nuova fabbrica va ad occupare lo stabilimento che dal 1908 era sede del Cotonificio modenese. Nel 1915, con l’avvento della Grande guerra, il cotonificio è convertito in proiettificio dalla Società altiforni fonderie acciaierie Piombino, poi assorbito nel 1918 dalle Officine meccaniche reggiane (Officine meccaniche italiane-Omi).
Dieci anni dopo, quando la produzione entra in crisi, qui si stabilisce la Fiat-Oci. Figura di spicco in questo passaggio è quella di Guido Corni, Segretario provinciale del Partito nazionale fascista e figlio dell’industriale Fermo, che svolge un decisivo ruolo di intermediazione nell’accordo stipulato tra la Fiat Torino e le Officine Meccaniche Reggiane. Obiettivo dell’azienda è quello di aumentare la produzione al centro di un’area che considera un importante mercato.
Nei primi anni Cinquanta la Fiat-Oci diventa effettivamente il più grande stabilimento metallurgico della provincia di Modena; occupa oltre 1000 dipendenti tra operai e impiegati. Questo è un momento molto pesante per la classe lavoratrice, e a Modena il fenomeno dei licenziamenti per rappresaglia politico-sindacale è particolarmente gravoso. I lavoratori militanti nei partiti della sinistra e nel sindacato sono sottoposti a continue minacce e soprusi da parte del padronato, e sono vittima di licenziamenti discriminatori.
Nel marzo 1953 si tengono le elezioni per il rinnovo della Commissione interna; la Direzione oltre a cercare di intralciare il loro democratico svolgimento, invita i capi squadra e i capi reparto a far pressione sui lavoratori perché votino contro la FIOM. Nonostante ciò la CGIL rimane il primo sindacato, ottenendo il 76 per cento dei voti rispetto al 90 per cento dell’anno precedente. La ritorsione padronale non tarda ad arrivare, dopo un primo ordine di licenziamenti da parte dell’azienda e la conseguente occupazione, a farne le spese saranno i membri della Commissione interna e lavoratori iscritti alla FIOM e ai partiti della sinistra. Molti di questi lavoratori negli anni successivi si troveranno a gestire piccole imprese artigiane cui la Fiat dava in appalto alcune lavorazioni.
Gli anni Sessanta vedono la Fiat-Oci in piena espansione, la manodopera scarseggia e l’azienda impone lo straordinario per tenere il passo della produzione. Dopo la sottoscrizione del cosiddetto “accordone di Torino” il 26 giugno del 1969, a Modena l’azienda si rifiuta di applicare i nuovi patti alla realtà locale. Qui ha inizio una lunga vertenza che troverà conclusione la primavera dell’anno successivo, assumendo un valore simbolico per l’intero movimento operaio modenese.
Un’altra importante vertenza è quella aperta nel 1977 dalle donne per rivendicare migliori condizioni di lavoro e maggiore controllo sanitario, nonché una riorganizzazione dei reparti che preveda nuove assunzioni tra cui l’inserimento di manodopera femminile nel ciclo produttivo dell’azienda.
Oggi la struttura non è più quella originale, ma il frutto di successivi ampliamenti. Attualmente l’impianto ospita la sede modenese della New Holland Agriculture.
Collegamenti
FONTI
Atti del Convegno delle Commissioni interne. Inchieste sulle condizioni di vita e di lavoro nelle fabbriche modenesi, Modena, 15 giugno 1955
Il Trattore. Giornale delle maestranze della Fiat-Oci di Modena, 1951-1957
BIBLIOGRAFIA
Lorenzo Bertucelli, “Costruire la democrazia”. La Camera del lavoro di Modena (1945-1962) in Lorenzo Bertucelli, Claudia Finetti, Marco Minardi, Amedeo Osti Guerrazzi, Un secolo di Sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001
Alberto Molinari, Il tempo del cambiamento. Movimento sociali e culture politiche a Modena negli anni Sessanta, Bologna, Editrice Socialmente, 2014
Eloisa Betti, Elisa Giovannetti, Senza giusta causa. Le donne licenziate per rappresaglia politico-sindacale a Bologna negli anni ’50, Bologna, Editrice Socialmente, 2014