Evaristo Rastelli
Nasce il 15 maggio 1883 a Niviano di Pavullo da Luigi e Luigina Fattori. La famiglia emigra a Modena nel 1896. Nel 1912 sposa Giuditta Zanchetta. Con la moglie e i figli vive in via San Paolo a Modena, una delle zone più degradate e malsane del centro storico e lavora come ambulante e facchino.
Il 7 aprile 1920 partecipa alla manifestazione indetta dalle due Camere del lavoro di Modena per protestare contro l’ennesimo eccidio proletario, avvenuto durante un comizio a Decima di San Giovanni in Persiceto due giorni prima, con l’uccisione di sette lavoratori e del dirigente della Camera del lavoro sindacalista di Bologna Sigismondo Campagnoli, originario di Mirandola.
Durante la manifestazione in piazza Grande i carabinieri aprono il fuoco uccidendo cinque lavoratori. Rastelli è colpito alla testa e viene raccolto cadavere in piazza Grande con “il cranio spaccato con larga fuoruscita di materia cerebrale”.
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DOCUMENTI
FONTI
BIBLIOGRAFIA
Fabio Montella, Bagliori d’incendio. Conflitti politici a Modena e provincia tra guerra di Libia e marcia su Toma, Milano, Mimesis, 2021
Linda Levoni
Nasce a Modena il 20 ottobre 1902 da Ettore, giornaliero, e Giuseppina Gavioli, operaia nell’opificio militare di Saliceta San Giuliano, dove sono prodotte scarpe e indumenti militari. Vive in via San Paolo, in una delle zone più degradate del centro cittadino, con la madre e otto fratelli, quattro dei quali morti per malattia in tenera età.
Il 7 aprile 1920 partecipa alla manifestazione indetta dalle due Camere del lavoro di Modena per protestare contro l’ennesimo eccidio proletario, avvenuto durante un comizio a Decima di San Giovanni in Persiceto due giorni prima, con l’uccisione di sette lavoratori e del dirigente della Camera del lavoro sindacalista di Bologna Sigismondo Campagnoli, originario di Mirandola.
Durante la manifestazione in piazza Grande i carabinieri aprono il fuoco uccidendo cinque lavoratori. La Levoni viene colpita al torace da un proiettile e muore il giorno successivo alle 7.30 all’ospedale civile, dopo essere stata operata. È la più giovane tra gli uccisi, solo diciotto anni.
Verso la madre della Levoni, Giuseppina Gavioli, si verifica un vero e proprio accanimento da parte del direttore dell’opificio militare Agostino Giannelli. Nonostante sia rimasta da sola con dei figli piccoli, decide di licenziarla perché “inabile al lavoro per deperimento organico”, provocato ovviamente dalla scomparsa della figlia.
Nonostante i tentativi di evitare il licenziamento da parte del prefetto, sollecitato in tal senso da una lettera del Comitato pro vittime politiche della Camera del lavoro unitaria, alla fine la decisione è presa e agli inizi di settembre è lasciata a casa, motivando tale scelta con questa vergognosa motivazione: “perché anche in questi ultimi giorni fu colta da malore e dovette venire a prenderla la Croce Verde coll’autolettiga. Quindi, più che di lavoro, ritengo che essa abbia bisogno di riposo”.
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FONTI
Archivio di Stato di Modena, Prefettura, Gabinetto, b. 148, f. “1918-1920 Affari vari del Prefetto”
Come si licenziano gli operai alla Saliceta, in “Il domani”, 31 luglio 1920
BIBLIOGRAFIA
Fabio Montella, Bagliori d’incendio. Conflitti politici a Modena e provincia tra guerra di Libia e marcia su Toma, Milano, Mimesis, 2021
Ferdinando Gatti
Nasce a San Donnino, Modena, il 27 aprile 1870 da Fortunato e Maria Incerti. La famiglia è originaria di Spilamberto. Risiede in via Morane a Modena e lavora come ortolano coltivando un terreno ubicato dove ora sorge il bosco urbano, poco prima della rotonda di Vaciglio.
Il 7 aprile 1920 partecipa alla manifestazione indetta dalle due Camere del lavoro di Modena per protestare contro l’ennesimo eccidio proletario, avvenuto durante un comizio a Decima di San Giovanni in Persiceto due giorni prima, con l’uccisione di sette lavoratori e del dirigente della Camera del lavoro sindacalista di Bologna Sigismondo Campagnoli, originario di Mirandola.
Durante la manifestazione in piazza Grande i carabinieri aprono il fuoco uccidendo cinque lavoratori. Gatti viene colpito subendo una «frattura del femore destro con spappolamento dei tessuti e altre gravi lesioni». Muore durante il trasporto in ospedale.
Lascia la moglie Albertina Giovanardi e undici figli: Demetrio, Marcello, Dorotea, Caterina, Bruna, Guido, Ruggero, Augusta, Amalia, Giuseppina e Guglielma. Quest’ultima nel 1924 sposerà Luigi Cavani, ferito gravemente durante la stessa manifestazione, al punto che gli fu amputata la gamba destra.
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Fabio Montella, Bagliori d’incendio. Conflitti politici a Modena e provincia tra guerra di Libia e marcia su Toma, Milano, Mimesis, 2021
Antonio Amici
Nasce a Prignano sulla Secchia il 5 aprile 1888 da Giovanni e Maria Domenica Costi, di professione boaro. Nel 1903 si trasferisce con la famiglia dal comune di Formigine a quello di Modena. Qui nel 1908 si sposa con Zaira Gozzi e avrà con lei cinque figli, Rino, Cesira (morta dopo tre giorni), Vittorio, Dorando Pietro e Cesira, tutti nati tra il 1910 e il 1915.
Il 7 aprile 1920 partecipa alla manifestazione indetta dalle due Camere del lavoro di Modena per protestare contro l’ennesimo eccidio proletario, avvenuto durante un comizio a Decima di San Giovanni in Persiceto due giorni prima, con l’uccisione di sette lavoratori e del dirigente della Camera del lavoro sindacalista di Bologna Sigismondo Campagnoli, originario di Mirandola.
Durante la manifestazione in piazza Grande i carabinieri aprono il fuoco uccidendo cinque lavoratori. Uno di questi è Antonio Amici, che muore la mattina dell’8 aprile 1920 per “ferite multiple allo stomaco e all’intestino”.
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Fabio Montella, Bagliori d’incendio. Conflitti politici a Modena e provincia tra guerra di Libia e marcia su Toma, Milano, Mimesis, 2021
Roberto Rovatti
Nato a Modena il 24 settembre 1914 da Adolfo e Maria Berselli, residente via Nonantolana n. 1051, partecipa alla Resistenza con il nome di battaglia Francesco, compiendo numerose azioni di sabotaggio, prelievi, disarmi di soldati nemici, attentati alla linea ferroviaria. Muratore e operaio alle Fonderie Corni, è ucciso un’ora dopo i primi caduti. Circondato da un gruppo di carabinieri perché indossa una sciarpa rossa e regge un cartello, è malmenato con i calci dei fucili e gettato in un fosso, per poi essere colpito a morte con un colpo a bruciapelo.
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FONTI
BIBLIOGRAFIA
Eliseo Ferrari, A sangue freddo. Modena 9 gennaio 1950. Cronaca di un eccidio, Roma, Edizioni LiberEtà, 2005
Lorenzo Bertucelli, All’alba della Repubblica. Modena, 9 gennaio 1950. L’eccidio delle Fonderie Riunite, Milano, Edizioni Unicopli, 2012
Francesco Tinelli, Era il vento non era la folla. Eccidio di Modena, 9 gennaio 1950, Bologna, Bébert edizioni, 2015
Arturo Malagoli
Nato a Ravarino il 13 maggio 1929 da Antonio e Adelfina Goldoni, proviene da una numerosa famiglia di mezzadri residente a Nonantola in via Provinciale Est n. 18. Trova poi lavoro come operaio a Modena. Arrestato un mese prima durante una manifestazione sindacale, il 9 gennaio 1950 mentre è davanti alle Fonderie riunite è colpito al torace da un proiettile esploso da uno dei carabinieri appostati sul tetto dello stabilimento. Dopo l’eccidio il segretario del Partito comunista Palmiro Togliatti, assieme alla compagna Nilde Iotti, decide di adottare la sorella di Arturo, Marisa Malagoli.
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BIBLIOGRAFIA
Eliseo Ferrari, A sangue freddo. Modena 9 gennaio 1950. Cronaca di un eccidio, Roma, Edizioni LiberEtà, 2005
Lorenzo Bertucelli, All’alba della Repubblica. Modena, 9 gennaio 1950. L’eccidio delle Fonderie Riunite, Milano, Edizioni Unicopli, 2012
Francesco Tinelli, Era il vento non era la folla. Eccidio di Modena, 9 gennaio 1950, Bologna, Bébert edizioni, 2015
Renzo Bersani
Nato a Nonantola il 4 agosto 1928 da Gaetano e Clementa Selmi, è domiciliato a Modena in via Paolo Ferrari n. 36, nelle vicinanze della Fonderie, Viene da una famiglia molto attiva nella Resistenza. Il fratello Bruno il 3 dicembre 1944 è fucilato con altri sette partigiani a San Matteo. La sorella Vilma, staffetta, internata a Fossoli. Abita vicino le Fonderie, e dopo aver lavorato come calzolaio è stato assunto alle Acciaierie Ferriere. È l’ultimo ad essere ucciso nell’eccidio del 9 gennaio 1950: nel momento in cui attraversa un incrocio su Ciro Menotti viene preso di mira da un carabiniere, che lo fredda colpendolo alle spalle mentre si sta allontanando dalle Fonderie.
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BIBLIOGRAFIA
Eliseo Ferrari, A sangue freddo. Modena 9 gennaio 1950. Cronaca di un eccidio, Roma, Edizioni LiberEtà, 2005
Lorenzo Bertucelli, All’alba della Repubblica. Modena, 9 gennaio 1950. L’eccidio delle Fonderie Riunite, Milano, Edizioni Unicopli, 2012
Francesco Tinelli, Era il vento non era la folla. Eccidio di Modena, 9 gennaio 1950, Bologna, Bébert edizioni, 2015
Marcello Sighinolfi
Nasce a Nonantola il 3 agosto 1923 da una famiglia di operai e braccianti. Dopo aver finito la scuola di avviamento professionale trova lavoro come operaio metalmeccanico presso l’officina Fratelli Barbieri di Modena, dove conosce alcuni anziani operai antifascisti e, in particolare, il capo officina, l’anarchico Vincenzo Chiossi.
Chiamato alle armi nel giugno 1943 nella Marina Militare, dopo l’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre 1943 riesce a tornare a casa. Entrato in contatto con i primi nuclei partigiani che si stanno costituendo in tutta la provincia modenese, aderisce ai Gruppi d’azione partigiana (Gap) con il nome di battaglia ‘Mirko’. Trovando difficoltà a portare subito sul terreno della lotta armata il gruppo di Nonantola, si sposta a Modena entrando nel GAP n. 2. Poi torna a Nonantola e sarà protagonista del percorso che porta alla costituzione nell’estate 1944 del Battaglione Achille, reparto della brigata gappista “Walter Tabacchi”, del quale sarà prima vicecomandante e poi comandante. È tra i principali protagonisti dei combattimenti per la liberazione di Modena, il 22 aprile 1945.
Durante la lotta partigiana aderisce al Partito comunista e, a guerra finita, è prima dirigente dell’Anpi di Modena, poi del Partito e infine della Camera confederale del lavoro, occupandosi in particolare dei problemi organizzativi. Come membro della segreteria confederale modenese si trova a gestire i difficili momenti della serrata alle Fonderie Riunite e l’eccidio di sei operai il 9 gennaio 1950.
Nel 1951 viene inviato dalla Cgil in Puglia, dove assume la guida della Camera del Lavoro di Bari negli anni delle battaglie per l’occupazione delle terre e la riforma agraria. Nel 1956 è chiamato a Roma da Giuseppe Di Vittorio, segretario generale della Cgil, per assumere la responsabilità di vice segretario organizzativo, incarico che ricopre anche durante la segreteria di Agostino Novella. In tale veste, nell’ottobre del 1963 coordina gli aiuti della Cgil alle popolazioni colpite dal disastro della diga del Vajont.
Nel 1966 rientra in Emilia, entrando nella Segreteria regionale della Cgil regionale e poi della Camera del Lavoro di Bologna, sino alla fine degli anni Settanta. Per la sua attività sindacale, il 29 settembre 2006 riceve al Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, una medaglia d’argento consegnata a tutti gli ex segretari e dirigenti storici della Cgil, in occasione del centenario della nascita del sindacato.
Conclusa l’attività lavorativa, si impegna nell’associazionismo partigiano. Diventa presidente dell’Anpi di Modena e, nel periodo del suo mandato, promuove ricerche storiche sulla Resistenza e sostiene con forza l’attività dell’Istituto storico di Modena, presso il quale deposita l’archivio storico della sua formazione partigiana. Come testimone della Resistenza ha incontrato negli anni migliaia di studenti e giovani, affascinandoli con la sua simpatia e umiltà. Muore a Modena il 3 gennaio 2009.
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FONTI
BIBLIOGRAFIA
Claudio Silingardi, Una provincia partigiana. Guerra e Resistenza a Modena 1940-1945, Milano, Franco Angeli, 1998
Lorenzo Bertucelli, “Costruire la democrazia”. La Camera del lavoro di Modena (1945-1962), in Lorenzo Bertucelli ed al., Un secolo di sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001
Zelindo Vincenzi
Nasce a Modena il 18 novembre 1882 da Cesare e Clementina Bizzocoli, muratore. Dopo una breve militanza nel Partito socialista aderisce al Gruppo anarchico modenese, del quale è considerato anzi uno dei fondatori, e alla Lega muratori di Modena, d’orientamento sindacalista rivoluzionario. È uno dei protagonisti del percorso d’avvicinamento tra le tre Camere del lavoro esistenti nella provincia di Modena (Carpi, Mirandola, Modena), che porta al congresso della ‘unità sindacale’ del gennaio 1913. Il congresso sancisce la spaccatura verticale del movimento sindacale modenese, e nascono così due Camere del lavoro, una d’orientamento socialista, l’altra sindacalista rivoluzionaria.
Da questo momento è uno dei principali esponenti della Camera del lavoro sindacalista: entra a far parte della Commissione esecutiva, collabora al giornale camerale «La Bandiera proletaria», dirige alcune lotte del lavoro, come lo sciopero dei muratori attuato tra aprile e luglio nel 1913, che si conclude però con la sconfitta dei lavoratori. Nello stesso periodo partecipa a convegni e riunioni in varie parti d’Italia, ed è in relazione con i principali esponenti anarchici e sindacalisti rivoluzionari italiani. Nel 1913 viene denunciato ed in seguito assolto per aver affisso un manifesto dal titolo “Pro scuola moderna” senza ottemperare «all’ordine dell’autorità di Pubblica sicurezza di togliere una frase».
Nel 1914 viene eletto nel Consiglio di amministrazione della Lega muratori di Modena. Nel corso dello stesso anno è ancora una volta denunciato per aver partecipato, assieme ad altri muratori disoccupati, ad un’azione dimostrativa di protesta, ed aver demolito il parapetto del baluardo detto ‘delle Grazie’ senza autorizzazione; il procedimento viene però in seguito amnistiato. Nel 1915 è gerente di “Guerra di Classe”, organo dell’Unione sindacale italiana che si stampa a Mirandola e del settimanale della Camera del lavoro sindacalista “La Bandiera Operaia”. Nel maggio dello stesso anno viene arrestato assieme ad altri antimilitaristi, tra cui Vittorio Messerotti ed Anselmo Forghieri, in previsione di una dimostrazione contro la guerra.
Il 31 dicembre 1916 partecipa a Bologna al convegno nel corso del quale viene fondata l’Unione anarchica emiliano-romagnola. Nel maggio 1917 è arrestato nel corso di una manifestazione antimilitarista, di cui è promotore. Il prefetto chiede al ministro dell’interno se è possibile l’allontanamento e l’internamento coattivo di V. a Campobasso, o meglio in un’isola, ricevendo però parere negativo.
Nel giugno 1917 è di nuovo segnalata la sua partecipazione a un convegno anarchico a Firenze. La prefettura di Bologna annota che V. è «stato incaricato per Modena del recapito di corrispondenza e di stampati» a mezzo bicicletta per evitare la censura postale e di mantenere i contatti con gli anarchici di Reggio Emilia.
Nel 1918 è arruolato e inviato prima a Crema, poi a Brescia e infine in zona di guerra. Rientrato a Modena, riprende il suo impegno sia nella Camera del lavoro sindacalista sia nella Federazione comunista anarchica modenese. È arrestato a seguito del furto delle mitragliatrici organizzato nel maggio 1920 da un gruppo di anarchici modenesi, che intendono usare le armi per difendere le manifestazioni operaie. Un’iniziativa nata nel clima che segue l’eccidio avvenuto a Modena il 7 aprile, quando la forza pubblica apre il fuoco uccidendo cinque lavoratori, e che è sfruttata dalla polizia per mettere fuori gioco il gruppo dirigente della Camera del lavoro sindacalista e della Federazione anarchica. In ogni caso, è poi prosciolto da tutte le accuse in occasione del processo, che si tiene a Piacenza nel 1921. Ritornato in libertà, continua a svolgere la professione di muratore, senza mettersi in particolare evidenza, pur continuando ad aderire al movimento anarchico. Viene di nuovo arrestato nel gennaio 1921 per accertamenti nel corso delle indagini per gli scontri durante il funerale del fascista Mario Ruini, uno dei momenti più drammatici e cruenti della lotta antifascista nel territorio modenese all’inizio degli anni Venti. Nel giugno 1922 è percosso dai fascisti. Diffidato nel 1926, ancora nel 1931 è incluso nella lista delle persone da “ritenersi pericolose in caso di perturbamento dell’ordine pubblico” ed è costantemente vigilato fino al 1942. Muore a Modena il 4 aprile 1946.
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DOCUMENTI
FONTI
Archivio centrale dello stato, Casellario politico centrale, b. 5427 ‘Vincernzi Zelindo’
BIBLIOGRAFIA
Claudio Silingardi, Note, riflessioni e documenti per una storia dell’anarchismo a Modena, «Rassegna di storia», n. 1, 1982
Claudio Silingardi, Rivoluzio Gilioli. Un anarchico nella lotta antifascista 1903-1937, Modena 1984
Andrea Pirondini, Anarchici a Modena. Dizionario biografico, Milano, Zero in condotta, 2012
Istituto storico di Modena, Dizionario storico dell’antifascismo modenese, vol. 2, Biografie, Milano, Unicopli, 2012
Biografie dalla Q alla Z
R
Biografie dalla H alla P
M
Ennio Garagnani
Nato a Gaggio in piano (Castelfranco Emilia) il 25 settembre 1929 da Eligio e Vittoria Magnoni, carrettiere, ha un fratello, Tommaso, che è stato partigiano nella brigata Zambelli.
Durante la manifestazione davanti alle Fonderie riunite di Modena del 9 gennaio 1950 viene colpito mentre cerca di allontanarsi dalla zona degli scontri, in viale Ciro Menotti. È raggiunto alla testa da un colpo sparato forse da un fucile o da una mitragliatrice di un autoblindo della compagnia autocarrata dei carabinieri di Bologna.
Voci correlate
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DOCUMENTI
FONTI
BIBLIOGRAFIA
Eliseo Ferrari, A sangue freddo. Modena 9 gennaio 1950. Cronaca di un eccidio, Roma, Edizioni LiberEtà, 2005
Lorenzo Bertucelli, All’alba della Repubblica. Modena, 9 gennaio 1950. L’eccidio delle Fonderie Riunite, Milano, Edizioni Unicopli, 2012
Francesco Tinelli, Era il vento non era la folla. Eccidio di Modena, 9 gennaio 1950, Bologna, Bébert edizioni, 2015