Carlo Veratti
Nasce a Sassuolo il 7 gennaio 1894, cementista, socialista. Inizia a impegnarsi in ambito sindacale negli anni Dieci del Novecento. Durante la Prima guerra mondiale assume la carica di segretario della Camera del lavoro unitaria, in sostituzione di Nicola Bombacci, che era stato arrestato. Tratto in arresto il 15 giugno 1918 con l’accusa di disfattismo dopo una conferenza contro la guerra tenuta davanti a centocinquanta persone presso la lega dei braccianti di Cadecoppi, a Camposanto, è condannato a due anni e mezzo di reclusione, pena poi ridotta in appello a otto mesi.
Segretario dei Circolo giovanile socialista di Sassuolo, nel dopoguerra è presente sia nella vita di partito sia in quella sindacale, infatti nel marzo 1919 è tra i firmatari dell’accordo “per l’unità proletaria” tra le due Camere del lavoro provinciali, la Federazione provinciale socialista, la federazione giovanile socialista e il gruppo libertario modenese.
Nel novembre 1920 è eletto consigliere provinciale ed assume la direzione del giornale socialista ‘Il domani’. Nel 1921 diventa segretario della Camera del lavoro unitaria, carica che mantiene fino al suo scioglimento nel gennaio 1923. L’8 febbraio 1922 partecipa ad una importante riunione a Massa Finalese, presenti un migliaio di lavoratori che intendono uscire dai sindacati nazionali per aderire alla Camera del lavoro unitaria, ma la manifestazione è impedita con la forza dai fascisti accorsi in massa, che prendono a sassate e bastonate la macchina che trasporta Veratti mentre tenta di allontanarsi.
Nel 1923 è costretto ad emigrare in Francia, prendendo residenza a Fontenay-sous-Bois, trovando occupazione come imbianchino. Nel 1932 risulta essere responsabile per la zona di Fontenay del Partito socialista unitario. Le autorità fasciste scoprono che è a capo di una rete che, tramite Umberto Bergonzini a Modena e Alberto Simonini a Reggio Emilia, cerca di far emigrare in Francia compagni fidati. Ancora nel 1938 l’ambasciata scrive che «esplica attività politica antifascista e fa parte del comitato direttivo della federazione socialista della regione parigina».
Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, il 26 ottobre 1940, decide di rientrare a Modena con la moglie e le figlie. Evidentemente disilluso, dichiara di non occuparsi più di politica e di apprezzare il regime fascista. Trovato lavoro come operaio presso la FIAT Grandi motori, nell’autunno del 1943 è protagonista assieme ad altri vecchi ex socialisti ed ex anarchici di un’originale esperienza sindacale, quella dell’Unione lavoratori dell’industria e in particolare del suo giornale “Giustizia sociale”, nate nel quadro delle spinte alla socializzazione e al ‘fascismo sociale’ che caratterizzano la prima fase della Repubblica sociale italiana. Il 27 aprile 1944 è oratore alle officine Rizzi per la festa del lavoro.
In ogni caso, il giornale è fortemente osteggiato dall’ala intransigente del fascismo repubblicano ed è chiuso nel giugno 1944, dopo essere uscito per alcuni numeri con le pagine imbiancate dalla censura. A questo punto Veratti si ritira a vivere a Sassuolo, dove muore il 20 marzo 1945.
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FONTI
Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 5366 “Veratti Carlo”
BIBLIOGRAFIA
Claudio Silingardi, “Giustizia sociale” e il sindacalismo fascista a Modena (1943-1945), in Maurizio Degl’Innocenti, Paolo Pombeni, Alessandro Roveri, Il PNF in Emilia-Romagna. Personale politico, quadri sindacali, cooperazione, Milano, Franco Angeli, 1988
Fabio Montella, Bagliori d’incendio. Conflitti politici a Modena e provincia tra guerra di Libia e marcia su Roma, Milano, Mimesis, 2021
Giuseppe Luppi
Nasce a Mirandola (Modena) il 18 marzo 1875 da Giovanni e Zeffira Mazzola, fabbro, anarchico. Sposato con Aldegonda Molinari, è padre di quattro figli. Si mette in evidenza già negli ultimi anni dell’Ottocento (condannato nel 1894 per “grida sediziose”, poi seguiranno altre denunce nel corso degli anni), ma è all’inizio del Novecento che sviluppa una maggiore attività, risultando tra i promotori delle lotte sindacali nella Bassa Modenese. Esponente della Camera del lavoro di Mirandola, dove ricopre a più riprese incarichi di direzione, e segretario del Sindacato provinciale macchinisti, partecipa ai vari congressi sindacali tenuti nella provincia di Modena.
È lui a presentare, in occasione del congresso per l’unità sindacale promosso dalle Camere del lavoro di Modena, Carpi e Mirandola il 19 gennaio 1913, la mozione degli anarchici modenesi, che propongono di lasciare libera ogni lega sindacale di aderire o alla Confederazione generale del lavoro o all’Unione sindacale, realizzando però un’unica Camera del lavoro provinciale. Ma la proposta non è accolta, e si determina la spaccatura del movimento in due organizzazioni camerali provinciali, una a orientamento socialista, l’altra sindacalista rivoluzionaria. Sempre nel 1913 subisce una nuova condanna dalla Pretura di Finale Emilia a quaranta giorni di reclusione (ridotti a dieci in appello) per istigazione a delinquere e incitamento all’odio durante un comizio tenuto a Ponte S. Pellegrino, nei pressi di San Felice sul Panaro.
Negli anni del primo dopoguerra è segretario della succursale di Mirandola della Camera del lavoro sindacalista di Modena e con Giovanni Bassoli – poi ucciso dai fascisti in un’aggressione – uno degli esponenti più in vista del movimento anarchico locale. Coinvolto nel furto delle mitragliatrici organizzato dagli anarchici e giovani socialisti modenesi nel maggio 1920 per difendere le manifestazioni operaie, dopo quasi un anno di carcere viene assolto per non aver commesso il fatto.
Nel giugno 1921 è di nuovo sotto processo assieme all’anarchico Carlo Nencini ed altri sei lavoratori per le denunce di estorsione dell’anno prima. Il Tribunale di Modena lo condanna, in contumacia, ad un anno e tre mesi di carcere più una multa di 600 lire per violenza privata in seguito a boicottaggi. Dopo due mesi è arrestato nel Veronese, il reato però viene amnistiato nel gennaio 1922.
Intorno alla metà degli anni Venti è uno dei pochi anarchici ancora attivi nella Bassa modenese. Partecipa con Vincenzo Chiossi al convegno clandestino dell’Unione sindacale italiana che si svolge a Genova il 28-29 giugno 1925 e che si propone di riorganizzare il movimento sindacale d’orientamento rivoluzionario. Nel 1934 è radiato dallo schedario dei sovversivi, perché secondo la polizia non risulta più impegnato in attività politiche.
Alla caduta del fascismo, nel luglio 1943, gli antifascisti di Mirandola lo pongono alla guida delle organizzazioni sindacali libere. Dopo la Liberazione è nominato segretario della Camera del lavoro di Mirandola. In questo periodo pare si avvicini al Partito comunista. Muore a Mirandola il 18 settembre 1952.
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Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale, busta 2885, “Luppi Giuseppe”
BIBLIOGRAFIA
Amedeo Osti Guerrazzi, Lotte rivendicative e tensioni rivoluzionarie (1900-1914), in Lorenzo Bertucelli et al., Un secolo di sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001
Istituto Storico di Modena, Dizionario storico dell’antifascismo modenese, vol. 2, Biografie, Milano, Unicopli, 2012
Claudio Silingardi, Brevi note su: movimento operaio e organizzazione sindacale a Mirandola dalle origini al fascismo (1870-1920), Mirandola, CGIL, 1985
Egidio Levoni
Nato a Villa Santa Caterina (Modena) il 15 marzo 1880, socialista, esponente della Lega cappellai, tra le prime ad aderire alla Camera del lavoro, nel 1902 entra nella Commissione esecutiva dell’organismo camerale.
Attivo anche nella Federazione nazionale, per alcuni anni ricopre l’incarico di grande responsabilità, data la ristrettezza di risorse, di tesoriere della Camera del lavoro. Nel 1912 è tra i promotori del percorso di unificazione che avrebbe dovuto portare alla nascita di un’unica Camera del lavoro in provincia e che, invece, si conclude con la nascita di due organismi, uno a orientamento socialista, l’altro a orientamento anarchico.
Avviato un laboratorio di “rimessa a nuovo di cappelli proletari”, questo diventa luogo di ritrovo dei socialisti modenesi.
Nel 1910 entra in Consiglio comunale nell’amministrazione radical-socialista che governa la città per un biennio. Non si hanno altre informazioni su di lui.
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FONTI
Ferruccio Teglio, Egidio Levoni, “il domani”, 9 dicembre 1945
BIBLIOGRAFIA
Amedeo Osti Guerrazzi, Lotte rivendicative e tensioni rivoluzionarie (1900-1914), in Lorenzo Bertucelli et al., Un secolo di sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001
Stefano Magagnoli, Élites e municipi. Dirigenze, culture politiche e governo della città nell’Emilia del primo ‘900 (Modena, Reggio Emilia e Parma), Roma, Bulzoni editore, 1999
Ercole Bottazzi
Nasce a Modena il 3 luglio 1877. Operaio alla Manifattura tabacchi, militante socialista, è tra i promotori della nascita della Lega delle operaie della Manifattura modenese, una delle prime leghe di resistenza femminili.
Nel 1902 è eletto nella Commissione esecutiva della Camera del lavoro di Modena. Per alcuni anni ricopre la carica di segretario della Lega dei fornaciai. In tale veste partecipa ai congressi della Federazione nazionale dei lavoratori dell’edilizia.
Nel 1910 è eletto in Consiglio comunale a Modena, nell’amministrazione radico-socialista che regge le sorti della città per un biennio.
Arruolato nell’esercito allo scoppio della Prima guerra mondiale, muore nel corso dei combattimenti.
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FONTI
Ferruccio Teglio, Ercole Bottazzi, “il Domani”, 25 novembre 1945
BIBLIOGRAFIA
Amedeo Osti Guerrazzi, Lotte rivendicative e tensioni rivoluzionarie (1900-1914), in Lorenzo Bertucelli et al., Un secolo di sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001
Stefano Magagnoli, Élites e municipi. Dirigenze, culture politiche e governo della città nell’Emilia del primo ‘900 (Modena, Reggio Emilia e Parma), Roma, Bulzoni editore, 1999
Agostino Rota
Nato il 6 settembre 1931 a Santa Croce di Carpi in una famiglia di braccianti agricoli. Era l’ultimo di quattro figli dopo le sorelle Raffalina, Enrica e Francesca. Alla morte del padre nel ‘37 la famiglia inizia ad avvertire il peso delle difficoltà economiche.
È testimone attento dell’azione partigiana locale e di alcuni tra i più efferati atti compiuti dai nazifascisti su questo territorio, episodi che lo segnano profondamente ma che saranno anche per lui formativi e determinanti per le sue successive scelte di vita.
A guerra conclusa, all’età di 14 anni inizia a lavorare alla Collettiva dei braccianti di Santa Croce (poi diventata Cooperativa) per poi diventare capo lega della Lega di Santa Croce.
Anche la militanza politica inizia presto: nel ‘48 si iscrive al Fronte della Gioventù (FDG) e al compimento dei diciotto anni alla Federazione Giovanile Comunista (FGCI). Nel 1950 entra nella Segreteria del Partito Comunista della sezione di Santa Croce.
Le persecuzioni del dopoguerra indussero molti ex partigiani comunisti a cercare protezione nei paesi socialisti dell’Europa orientale, soprattutto in Jugoslavia e Cecoslovacchia. Anche la sezione carpigiana dell’ANPI si ritrova di fatto sguarnita, perciò tra il ‘54-’55 ad Agostino Rota, allora ventitreenne, viene chiesto di ricoprire la carica di Segretario. Di grande rilievo in questo periodo l’organizzazione (su iniziativa dell’Amministrazione comunale, allora presieduta dal sindaco Bruno Losi) del Decennale della Resistenza e della chiusura di Auschwitz, manifestazione a cui partecipano rappresentanze dei reduci da tutti i Campi di concentramento d’Europa.
A partire dall’anno successivo, 1956, inizia l’attività sindacale a Carpi nel settore del tessile-abbigliamento, dove collabora alla messa a punto di diverse piattaforme contrattuali e rivendicative, a partire da quella per le lavoranti a domicilio negli anni della impetuosa crescita del settore.
Negli anni Sessanta è Segretario della Camera del lavoro di Carpi, e negli anni Settanta passa al provinciale agli Alimentaristi. In questo periodo si impegna anche in iniziative per la pace e per il disarmo nucleare, attraverso il Progetto Sviluppo. Dagli anni Ottanta si occupa di cooperazione internazionale all’interno della ONG costituita dalla Cgil nazionale per la solidarietà ai sindacati dei paesi in via di sviluppo e dei paesi latino-americani, con cui partecipa a missioni in Vietnam, Senegal, Jugoslavia, Nicaragua.
Nel 1978 passa alla categoria regionale degli Alimentaristi, dove rimarrà fino al ‘96. Il 2 agosto 1980 è testimone dell’attentato stragista alla stazione di Bologna.
Negli anni Novanta entra anche nello Spi regionale e all’Auser, e collabora alla fondazione dell’Università della libera età Natalia Ginzburg.
Nel 2004 fonda a Carpi l’Associazione Africa Libera, che ancora oggi svolge attività di cooperazione internazionale in Ghana e Costa D’Avorio.
A Carpi porta avanti il suo impegno nel volontariato locale fino alla morte, il 3 novembre 2021.
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BIBLIOGRAFIA
Adriana Barbolini (a cura di), Da sempre in cammino. Autobiografia di Agostino Rota, Modena, Spi-Cgil Modena, 2019
Ilario Guazzaloca
Nato nel 1924, muove i suoi primi passi come dirigente diventando segretario della Camera del Lavoro di Castelfranco Emilia nel 1947, per poi diventare alla fine del 1948 segretario della Federmezzadri e successivamente della Confederterra provinciale. Nel 1955 entra nella segreteria generale della Camera confederale del lavoro e, l’anno successivo, diventa segretario generale sostituendo Ugo Bedogni, carica che mantiene fino al 1960.
Lo stesso anno si trasferisce a Roma come segretario generale aggiunto della Filziat (Federazione italiana lavoratori zuccheriero industria alimentare e tabacco), carica che mantiene per quattro anni. Nel 1964 rientra a Modena dove è eletto come consigliere in Provincia (fino al 1970) e assume il ruolo di presidente della Lega provinciale delle cooperative fino al 1973, quando assume altri ruoli nella cooperazione regionale fino al pensionamento. Muore a Modena il 22 marzo 2011.
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BIBLIOGRAFIA
Lorenzo Bertucelli, «Costruire la democrazia». La Camera del lavoro di Modena (1945-1962), in Lorenzo Bertucelli et al., Un secolo di sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001
Vincenzo Chiossi
Nasce a Carpi il 17 maggio 1893 da Olivo e Luisa Albarani, meccanico, anarchico. In data imprecisata si trasferisce a Modena, nel rione della Madonnina. Nel 1908 si avvicina al movimento libertario insieme al fratello maggiore Umberto, che proprio in quello stesso anno diventa segretario della Lega muratori di Modena. Partecipa al primo conflitto mondiale, ottenendo una medaglia di bronzo al valor militare.
Nel primo dopoguerra è uno dei più attivi esponenti anarchici e fa parte del Comitato esecutivo della Camera del lavoro sindacalista. È tra i promotori del furto delle mitragliatrici avvenuto a Modena nel maggio 1920 in risposta all’eccidio proletario del 7 aprile, promosso dagli anarchici modenesi che intendono utilizzarle «per difendere le manifestazioni operaie». Arrestato con altri 28 dirigenti della Federazione comunista anarchica e della Camera del lavoro sindacalista, è condannato a due anni e sei mesi di carcere.
Rientrato a Modena dopo aver scontata la pena, si impegna attivamente nella riorganizzazione del movimento anarchico e dell’Unione sindacale a Modena. Nel 1924, dopo il delitto Matteotti, promuove la costituzione di un Gruppo giovanile anarchico e nel giugno 1925 partecipa ad un convegno clandestino dell’USI a Genova.
Per questa sua attività, il 24 novembre 1926 è condannato a cinque anni di confino, poi ridotti a due, da scontare a Lipari (Messina). Tenta ogni strada per tornare a casa, comprese ripetute richieste al duce e, a suo favore, interviene – caso abbastanza raro – anche il proprietario della ditta dove lavora come capo-officina, l’azienda Barbieri di Modena.
La ragione di tale insistita richiesta è nella sua pesante condizione familiare: a casa ha lasciato la moglie e la madre senza alcun sostentamento, e da tempo ospita in casa sua anche l’anarchica Valentina Meschiari, separata dal marito e con un figlio poliomielitico.
Rientrato a Modena dal confino è continuamente vigilato, ma apparentemente – forse proprio per la difficile situazione familiare – non svolge più attività politica. Stando ad alcune testimonianze rilasciate nel dopoguerra, all’interno dell’azienda Barbieri non fa mistero delle proprie convinzioni libertarie, discutendo liberamente e favorendo la presa di coscienza antifascista di alcuni giovani operai.
Caduto il fascismo, è incaricato dal Comitato Italia libera – che si è costituito a Modena il 28 luglio 1943 – di riorganizzare il settore sindacale, compito che si rivela impraticabile a causa dell’atteggiamento delle autorità militari locali. Durante la lotta partigiana collabora con il CLN provinciale, assumendo incarichi molto delicati, che sfruttano le sue amicizie con ex sindacalisti rivoluzionari passati da tempo al fascismo, come Nicola Vecchi, per cercare di condizionare le scelte del duce in merito alle nomine dei funzionari a capo dell’Amministrazione provinciale e del Comune di Modena.
Nei primi mesi del 1945 partecipa alle riunioni clandestine che danno vita alla Camera confederale del lavoro unitaria, nella quale rappresenta la corrente sindacalista anarchica. Dopo la Liberazione, con Aladino Benetti fonda la Federazione comunista libertaria di Modena che, tra l’altro, ha sede nello stesso edificio della Camera confederale del lavoro, in via San Vincenzo. Dopo qualche tempo, però, si avvicina al Partito socialista e, successivamente, è nominato direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro. Muore a Modena il 26 maggio 1950.
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FONTI
Archivio centrale dello stato, Casellario politico centrale, b. busta 1309, ‘Chiossi Vincenzo’
Istituto storico Modena, Fondo Anppia, b. 60, fasc. 11
BIBLIOGRAFIA
L. Bertucelli, C. Finetti, M. Minardi, A. Osti Guerrazzi, Un secolo di sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, introduzione e cura di Luigi Ganapini, Roma, Ediesse, 2001
C. Silingardi, Una provincia partigiana. Guerra e Resistenza a Modena 1940-1940, Milano, Angeli, 1998
Bindo Pagliani
Nato a Modena il 26 luglio 1870, Benedetto (detto Bindo) Pagliani negli ultimi anni dell’Ottocento è tra gli esponenti più in vista del socialismo modenese, corrispondente de “l’Avanti” e de “La giustizia” di Reggio Emilia. Maestro elementare, la sua nomina nel plesso scolastico di San Felice sul Panaro è annullata perché arrestato durante una manifestazione popolare.
Aderente alla componente riformista del Partito socialista, è segretario della Camera del lavoro di Modena dal 1902 al 1911 e in tale veste è protagonista delle polemiche con Ottavio Dinale, leader delle leghe bracciantili della bassa modenese, rispetto alla loro mancata adesione alla Camera del lavoro.
Sotto la sua guida la Camera del lavoro riprende vita dopo un inizio stentato, inaugura finalmente la sede nel 1903 e apre gli uffici emigrazione, di consulenza legale ed elettorale. Nel 1906 partecipa al congresso costitutivo della Confederazione generale del lavoro, entrando a far parte del Consiglio nazionale. L’anno successivo cerca di mediare tra scioperanti e direzione della Filanda di Spilamberto.
Negli stessi anni è protagonista degli intensi dibattiti presenti sui giornali d’ispirazione socialista, tra cui “Il Domani”, da lui fondato insieme ad Agnini, di cui è direttore a fasi alterne. Si dimette da segretario camerale nel 1911, perché impegnato nel movimento cooperativo e nell’amministrazione locale. Infatti, dal 1910 era assessore nell’amministrazione radico-socialista di Modena, ma si dimette due anni dopo perché diventa segretario del Partito socialista modenese. Candidato alle elezioni della Camera dei deputati nel 1913, non viene eletto. È espulso dal partito nel 1915 perché aderisce ai Comitati di difesa civile promossi dal governo a sostegno della Prima guerra mondiale.
Nel 1918 entra nel Consiglio di amministrazione della Federazione nazionale delle cooperative agricole, con sede a Bologna. Nel dopoguerra è consigliere della Federazione nazionale delle cooperative, e collabora a “La propaganda”, settimanale dei socialisti indipendenti di Modena. Muore nel 1926.
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FONTI
BIBLIOGRAFIA
Amedeo Osti Guerrazzi, Lotte rivendicative e tensioni rivoluzionarie (1900-1914), in Lorenzo Bertucelli et al., Un secolo di sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roima, Ediesse, 2001
Alfredo Bertesi
Nasce a Carpi il 23 gennaio 1851 da Giuseppe e Lavinia Cimini.
Il nonno paterno, in costante lotta con la povertà, lavora la terra nella frazione carpigiana di Cortile, mentre il padre Giuseppe, per riuscire a sostenere la numerosa famiglia, cambia più volte mestiere ed infine riesce ad aprire un caffè a Carpi.
Il 24 luglio 1875 sposa Carolina Canovi, e dopo neanche un anno, il 4 maggio 1876, nasce la loro primogenita Carmelita, alla quale seguiranno Ada, Giuseppina e Rina.
Nonostante il peso delle difficoltà economiche che gravavano sulla famiglia, fin da piccolo Bertesi si impegna ed eccelle negli studi riuscendo ad ottenere la licenza ginnasiale. Sarà poi costretto ad interrompere la sua formazione per cercarsi un’occupazione e contribuire al bilancio domestico.
Nel 1868 si trasferisce con i genitori e i fratelli a Bologna, in cerca di migliore fortuna.
Le sue prime esperienze di lavoro sono segnate per diverse ragioni dalla cattiva sorte, ma la sua innata intraprendenza gli permetterà di ricominciare ogni volta daccapo senza perdersi d’animo, e di fare conoscenza diretta delle ingiustizie cui sono soggette le classi lavoratrici sviluppando particolare sensibilità per la questione operaia.
Più tardi torna a Carpi per lavorare nella salumeria dello zio dove rimane per cinque anni, potendosi così ricongiungere con i suoi cari che, conclusa l’esperienza bolognese, erano tornati nella città natale.
In questo periodo inizia anche il suo impegno sociale: nel 1872 diventa socio della Società di Mutuo Soccorso fondata nel 1860 da Giustiniano Grosoli (1822-1893) e dal 1874 il suo nome compare tra i membri del consiglio generale in rappresentanza degli osti e dei bottegai.
Nel 1875 per conto e a cura della Società Operaia viene istituito il Panificio sociale di cui diverrà Presidente del consiglio di amministrazione nella seduta del 22 aprile 1878. Attratto dalle idee democratiche e socialiste e già accreditato negli ambienti politici, comincia a ritagliarsi un posto di spicco nel panorama del socialismo locale fino a diventarne a Carpi il principale esponente.
Nel 1889 collabora alla nascita del giornale «Luce», gazzetta democratica di Carpi, assumendone la direzione nel 1891. Fra i redattori troviamo anche Giustiniano Grosoli e Ferruccio Rizzatti, ex direttore de «il Pieruccio» , giornale liberale moderato finanziato dagli industriali di Carpi.
Nel modenese la prima cooperativa di lavoro a sorgere è quella di Finale Emilia, fondata il 1 aprile 1886 da Gregorio Agnini (1856-1945): Bertesi assume un ruolo cruciale nella fase nascente del sistema cooperativo locale, tanto che nel 1890 si costituisce proprio per sua iniziativa l’Associazione dei lavoratori di Carpi che fonde la già esistente Cooperativa birocciai (1889) con quella dei braccianti e dei muratori, e ne viene eletto presidente.
Il 1891 vede la sua elezione a consigliere comunale a Carpi e consigliere provinciale di Modena.
Nell’autunno del 1893, dopo l’esperienza del Congresso nazionale socialista di Reggio Emilia (8-10 settembre), avvia il Circolo socialista di Carpi con sede nei locali dell’Associazione del Lavoratori e subito dopo anche quelli di Fossoli, Soliera, Migliarina, Novi e Concordia.
Il periodo 1891-1895 racchiude gli anni del suo impegno amministrativo al fianco di Gregorio Agnini, Giuseppe Barbieri, Adolfo Ferrari, Edgardo Muratori, Italo Silvestri, Giacomo Ferri, Domenico Rivaroli, Raimondo Benzi, perlopiù dirigenti anche di associazioni cooperative e sindacali. In una lettera del 26 ottobre 1893, Agnini scrive che “le tre vie indicate da Berenini per giungere al socialismo – “bisogno, cuore e intelletto” – a Carpi sembravano trovare conferma sia per la relativa “compattezza” delle organizzazioni operaie, sia per l’attivo continuo infaticabile apostolato” di Bertesi”.
Con l’approvazione delle tre “leggi antianarchiche” presentate nel luglio 1894 dal Governo Crispi, viene ordinata la chiusura di circoli e sezioni socialiste e lo scioglimento dello stesso Partito Socialista Italiano. La protesta che ne consegue comporta per Bertesi (e in egual misura per i suoi collaboratori) la condanna a cinque mesi di detenzione, che sconta nel carcere modenese di Sant’Eufemia, consegnandosi autonomamente il 10 maggio 1895.
Uscito di prigione il 20 settembre 1895, per non incorrere di nuovo nei provvedimenti repressivi della Prefettura, vengono costituiti i circoli elettorali ossia delle organizzazioni informali, prive di statuti, sedi, dirigenti e vessilli sociali: a Carpi il circolo si riunisce nella sede della cooperativa, mentre nei centri piccoli gli attivisti si trovano in casa ora di uno ora di un altro.
Alfredo Bertesi viene eletto per la prima volta deputato nel 1896 nel secondo governo Rudinì, trionfando contro l’avversario Camillo Fanti, figlio del Generale Manfredo: il consenso gli viene soprattutto dai borghi rurali della Bassa, dove più assiduo era stato l’impegno dei gruppi socialisti (Novi, Concordia, S. Possidonio, Rovereto e Bastiglia).
Dopo la XIX°, sarà eletto deputato anche per le successive cinque legislature del Regno d’Italia
Nel biennio 1897-1898 divampa in tutto il territorio nazionale l’agitazione dei lavoratori in lotta contro la miseria e la disoccupazione. Sul territorio le principali interessarono i fornaciai, le trecciaiole e i braccianti: in questo contesto Bertesi, esponente dell’ala più gradualista del suo partito, invece che incitare la protesta si prodigò per placarla.
Dopo l’arresto di Andrea Costa, il 1 luglio 1899 Bertesi assume provvisoriamente la direzione del partito.
Il 25 settembre 1904, grazie anche alle sue conoscenze tra le personalità del mondo politico e finanziario, fonda la Società Anonima «Il Truciolo» rilevando inizialmente la ditta di Cesare Tirelli, e nel giro di un anno comprendendo anche la “L.Benzi” e la “G.Menotti”, e ancora la manifattura “A.Loria”. Nel ruolo di consigliere delegato, con largo potere decisionale, vi dedica tutto se stesso fino alla morte.
In questo periodo Bertesi incoraggia gli industriali del truciolo a creare una propria associazione promuovendo una visione fondata sull’alleanza tra industriali e operai, dando vita ad un modello tanto originale quanto ambiguo che gira interamente intorno alla sua figura.
Allo scoppio della Guerra di Libia i socialisti si oppongono all’iniziativa italiana che giudicano contraria agli interessi della nazione, e in più occasioni Bertesi si fa portavoce di questa direttiva.
Uscito nel 1912 dal partito, a seguito del XIII congresso nazionale dove prevale la linea massimalista e rivoluzionaria del giovane Mussolini, Bertesi fonda a Carpi una sezione del Partito socialista riformista insieme a Silvio Messori, allora presidente della Società operaia carpigiana. Ma questa operazione lo vede sconfitto nelle elezioni politiche del 1913 e in quelle amministrative del 1914.
Anche in merito al primo conflitto mondiale, con il suo interventismo Bertesi entra in contrasto con la posizione neutralista del socialismo italiano. Nel maggio del 1915 fa domanda di partire come volontario e la sua richiesta viene accolta, per cui è mobilitato come ufficiale di completamento e destinato al 55° Reggimento di Fanteria a Treviso.
Nella primavera del 1913 promuove a Carpi il “Comitato di Preparazione Civile” con lo scopo di coordinare l’azione civile volta a sostenere il più possibile la continuazione di una vita normale in caso di guerra. Effettivamente il Comitato sosterrà i combattenti e le loro famiglie durante e dopo il primo conflitto mondiale. Non solo, Bertesi si attiva anche in favore di altre strutture di mutuo soccorso, tanto che lo ritroviamo presidente dell’Ente autonomo dei consumi carpigiano, che provvede a distribuire articoli tesserati (farina, grano, olio, burro, zucchero e riso) e ad acquistare direttamente, alle migliori condizioni possibili, i prodotti che scarseggiano sul mercato locale. E ancora, in qualità di Presidente del “Comitato per la Vittoria” si impegna nella raccolta di denaro attraverso “la sottoscrizione della Vittoria per i combattenti d’Italia, per i combattenti di Carpi, per le terre invase” (1918).
Nel dopoguerra aderisce al Blocco nazionale e, dopo la nomina a senatore nel 1920, si avvicina al fascismo.
Poco dopo aver ricevuto una diagnosi di broncopolmonite, muore nella sua casa a Carpi il 20 agosto del 1923.
La Città di Carpi gli ha dedicato una piazza e una lapide commemorativa.
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DOCUMENTI
FONTI
Istituto Storico della Resistenza di Modena (ISRMO), Archivio Alfredo Bertesi
BIBLIOGRAFIA
Alberto Barbieri, Luisa Resca Barbieri, Alfredo Bertesi. Settant’anni di vita carpigiana, Mucchi editore, 1975
Maurizio Degl’Innocenti, Franco Della Peruta, Angelo Varni (a cura di), Alfredo Bertesi e la società carpigiana del suo tempo. Atti del Convegno nazionale di studi (Carpi, 25-27 gennaio 1990), Modena, Mucchi, 1993
Ernesto Cattani
Nato nel 1920, Ernesto Cattani proviene da una famiglia contadina di Panzano. Durante la guerra è fatto prigioniero, al ritorno inizia a lavorare come bracciante, si iscrive al Partito comunista ed inizia l’attività sindacale nella Lega dei braccianti di Panzano, della quale diviene presto responsabile.
Nel 1964 diventa segretario della Camera del lavoro di Campogalliano e viene eletto in Consiglio comunale. Il 3 agosto 1971 mentre è impegnato nella vertenza per il rinnovo del contratto provinciale dei braccianti. Mentre gira per le campagne con la sua auto per invitare con il megafono i braccianti allo sciopero è aggredito dal figlio di un agrario, che lo colpisce ripetutamente alla testa. Cattani prova a ripartire con la sua auto ma dopo poche centinaia di metri muore per i colpi ricevuti, senza che possa essere soccorso.
Le modalità dell’aggressione determinano una lunga e controversa vicenda medico-legale e giudiziaria nel corso degli anni Settanta, che alla fine giunge comunque al riconoscimento della colpevolezza e alla condanna dell’agrario.
L’uccisione di Cattani è oggi ricordata da un cippo collocato nella zona dove è avvenuta l’aggressione.
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FONTI
Istituto storico di Modena, Archivio storico Cgil, Camera confederale del lavoro, bb. 195-196, “Documentazione omicidio Cattani 1971-1972”
BIBLIOGRAFIA
Gregorio Agnini
Nasce da Tommaso ed Elisabetta Kostner, una ricca famiglia di possidenti dove spiccano deputati e sindaci. È il più importante esponente del socialismo modenese, pioniere del movimento cooperativo.
Compie gli studi iniziali a Finale e poi frequenta un istituto commerciale a Genova dove inizia ad appassionarsi alle vicende politiche ed entra in contatto con circoli mazziniani e garibaldini. Rientra a Finale e partecipa alla vita amministrativa, venendo eletto consigliere comunale nel 1882. Prende progressivamente coscienza delle penose condizioni sociali del proletariato rurale e si sposta gradualmente da posizioni inizialmente liberaldemocratiche e poi genericamente progressiste e radicali, verso una sempre più convinta adesione al movimento socialista, seguendo così un tipico itinerario della generazione di militanti del primo socialismo, composta da uomini provenienti dalla borghesia colta e degli affari che si dedicano all’attività politica e sindacale in favore dei diseredati. Considerato il più celebre apostolo del socialismo modenese, è uno dei pionieri del movimento cooperativo.
Si distingue nella promozione dell’associazionismo sociale e nell’organizzazione delle prime leghe contadine e delle cooperative socialiste, in particolare nella zona di Finale Emilia, dove raccoglie consenso tra i braccianti vicini al sindacalismo rivoluzionario e all’anarchismo. Nel 1886 fonda l’Associazione operai braccianti, prima cooperativa di lavoro nata in provincia.
Nelle pagine di “Luce” durante la campagna elettorale contro Giuseppe Triani è definito “il padre degli operai della bassa provincia modenese”.
Nel 1891 è il primo deputato socialista modenese, riconfermato sino al 1924. L’anno dopo, partecipa a Genova al congresso fondativo del Partito socialista italiano. Nel 1889 viene rieletto consigliere nel comune di Finale (assessore nel 1902-1903) e nell’Amministrazione provinciale, assemblea che lo vede riconfermato sino al 1921. Nel 1920 viene eletto anche nel Consiglio comunale di Modena e diviene presidente del Consiglio provinciale. Affianca all’azione politica una considerevole opera pubblicistica e giornalistica che lo vede collaborare a “Il Naviglio”, a “Il Sol dell’Avvenire” e sporadicamente ad altri fogli modenesi. Nel 1900 figura tra i promotori del periodico settimanale “Il Domani”, organo del Partito socialista modenese. All’interno del partito le sue posizioni lo avvicinano all’intransigentismo classista di Enrico Ferri. Nel 1915 si schiera contro l’ingresso dell’Italia nel conflitto e nel dopoguerra si batte fermamente contro l’ascesa del fascismo. Ciò gli costa più di un’aggressione verbale e fisica. I fascisti gli devastano anche lo studio. La polizia presiede la sua abitazione (insieme a quella del deputato Pio Donati), ma ciò non gli risparmia una nuova aggressione. Nell’ottobre 1922 aderisce al Partito socialista unitario e, per sfuggire a possibili altre violenze, trasferisce il suo domicilio a Roma. Dopo le Leggi eccezionali e la sua estromissione dal Parlamento nel 1926, in seguito alla scelta di aderire all’Aventino con gli altri deputati antifascisti, abbandona l’attività politica.
Dopo la Liberazione è chiamato nell’aprile 1945 a guidare l’Amministrazione provinciale e viene nominato nella Consulta, il primo organismo democratico che ha il compito di preparare l’Assemblea costituente. In quanto decano, presiede la prima seduta del 24 settembre 1945. Pochi giorni dopo, il 5 ottobre, si spegne a Roma.
La città di Modena gli ha dedicato una via, così come numerosi altri comuni della provincia. La città di Finale Emilia gli ha dedicato anche una statua, collocata vicino al Castello delle Rocche.
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DOCUMENTI
BIBLIOGRAFIA
Mario Pecoraro (a cura di), Gregorio Agnini e la società modenese, Venezia, Marsilio, 1985.
Giuliano Muzzioli, Gregorio Agnini. La figura e l’opera. Atti del convegno nazionale di studi. Finale Emilia, 5 ottobre 1995, a cura di Mario Pecoraro, Modena, Il fiorino, 1997.
Stella Zanetti
Nasce a Prignano sulla Secchia il 20 febbraio 1883 da Enrico e Marianna Mazzi. I suoi genitori hanno sette figli, quattro dei quali nati morti. Nel 1908 sposa Gaetano Cuoghi, dal quale ha sei figli. Vivono prima a Saliceta San Giuliano e poi a Modena, in via Giardini. Lavora come giornaliera in campagna.
Il 7 aprile 1920 partecipa alla manifestazione indetta dalle due Camere del lavoro di Modena per protestare contro l’ennesimo eccidio proletario, avvenuto durante un comizio a Decima di San Giovanni in Persiceto due giorni prima, con l’uccisione di sette lavoratori e del dirigente della Camera del lavoro sindacalista di Bologna Sigismondo Campagnoli, originario di Mirandola.
Durante la manifestazione in piazza Grande i carabinieri aprono il fuoco uccidendo cinque lavoratori. La Zanetti viene ferita alla spina dorsale e muore il 26 settembre 1920, dopo mesi di sofferenze. Per questo motivo non è ricordata nelle cartoline diffuse dalle organizzazioni operaie subito dopo l’eccidio.
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FONTI
BIBLIOGRAFIA
Fabio Montella, Bagliori d’incendio. Conflitti politici a Modena e provincia tra guerra di Libia e marcia su Toma, Milano, Mimesis, 2021